top of page

​

La “performance” è una tecnica teatrale che predilige il gesto e che ebbe grande successo come genere di ricerca nella seconda metà del secolo scorso. Con i contatti che molti Artisti Postali avevano con le Avanguardie della Prima e della Seconda metà del Novecento e con i relativi debiti di ispirazione, era normale, durante gli incontri e le presentazioni dei cosiddetti “Progetti”, che accanto alla mostra o ai dibattiti fulcro di quelle date, vi fossero momenti performativi.

 

Impossibilitato dall’ambiente culturale in cui si trovava a portare avanti una ricerca teatrale di ampio respiro, l’autore colse queste occasioni per sviluppare un linguaggio che, a volte utilizzando testi poetici suoi o di altri autori, focalizzasse un concetto in una serie di gesti.

 

Negli anni che vanno dal 1989 al 1996 realizzò sette performances, che ebbero occasionali palcoscenici qui e là per l’Italia; in particolare furono “rappresentate” in alcune edizioni di “Perfomedia” (un festival che il performer e Mail Artista Emilio Morandi curava fino a pochi anni fa a Ponte Nossa in Provincia di Bergamo) e durante gli incontri che, anche più di una volta all’anno, si tenevano nell’abitazione di Anna Boschi (altra Mail Artista fondamentale nella storia di questo genere in Italia) a Castel S. Pietro Terme, non lontano da Bologna.

 

In più si segnala la sua partecipazione come “battitore libero” nelle azioni teatrali che la “Amorevole Compagnia Pneumatica”, costola dell’esperienza Luther Blissett, portava in giro a Bologna e altrove: strutturate appunto come performances, queste specie di blitz teatrali ebbero un grosso successo per le strade del capoluogo emiliano tra il ’94 e il ’96; tra l’altro proprio in Via Indipendenza fu messa in scena una versione performativa della poesia “Ad un fascista”, tratta da “Piccola Trilogia Nera – Invettive”.

Ed è giustamente rimasta traccia della partecipazione del gruppo a due edizioni del Festival del Teatro d’Avanguardia di Santarcangelo di Romagna sempre in quegli anni.

 

Purtroppo l’aleatorietà delle manifestazioni (che non prevedevano, per filosofia insita nell’Arte Postale, la storicizzazione degli eventi) ha fatto sì che di questo suo lavoro esistano pochissime documentazioni: oltre alle fotografie che di seguito saranno pubblicate, c’è traccia video della performance dalla poesia citata poco sopra; ma – per quanto l’autore abbia cercato a lungo e in tutti modi – nulla è riuscito a rintracciare dell’attività fatta con la “A.C.P.” in quel biennio.

 

Anche se, al pari di altri ambiti esplorati in anni passati, l’attività performativa appartiene agli Anni Novanta e fu un’altra delle conseguenze della frequentazione dell’Arte Postale, ormai conclusa da tempo, non è detto che tale ricerca non possa ripartire, circostanze permettendo.

 

Questi i titoli delle performances eseguite in pubblico almeno una volta, non necessariamente in ordine di realizzazione:

 

  • Holes

 

  • Della relatività del nascere

 

  • Portavo doni per voi

 

  • L’Artista / L’Untore

 

  • I mangiatori di carne

 

  • Addio

 

  • Annwn

 

Ne furono pensate alcune altre, ma rimasero solo in forma scritta per mancanza di opportunità.

​

“HOLES” (su testo di Barry Edgar Pilcher) – durata ca. 5’

 

          Tra i numerosissimi contatti che si svilupparono agli inizi degli Anni ’90 grazie all’Arte Postale, ci fu quello col sassofonista e mail artista irlandese Barry Pilcher, il quale si dilettava anche con la poesia.

          Il contatto avvenne grazie alla fanzine “The Mouth”, che per un paio d’anni gestii con Alessandro Ceccotto di Adria; e anche di quella felice esperienza prima o poi darò resoconto in questo sito.

          Comunque, a un certo punto, Barry mi mandò una poesia come forma di ringraziamento per i passaggi sulla fanzine; a mia volta la trovai adatta per una teatralizzazione appunto come performance: Barry, non essendo italiano, ne fu entusiasta.

 

          Il testo (sotto riportato), registrato su nastro, veniva ripetuto tre volte con intonazioni differenti, a segnare i tre diversi momenti dell’azione.

 

Holes

in my black denim

 

Everywhere I look

I see holes

 

          Oltre che a Castel S. Pietro Terme (BO), fu rappresentata anche a Castiglioncello (LI) in occasione di una rassegna tenuta dal critico, performer e Artista Postale Bruno Sullo (†) nel 1996; le foto furono scattate in quell’occasione dal poeta, performer e Mail Artista Alfio Fiorentino (†).

Holes, 1 - (Castiglioncello - LI, 1996).jpg
Holes, 2 - (Castiglioncello - LI, 1996).jpg
I mangiatori di carne - (Prov. di Firenze), 199x.jpg

“I MANGIATORI DI CARNE”

 

 

            Creata ed eseguita nello stesso periodo nel quale portavo in giro la precedente “Holes”, la performance ruota attorno alla poesia omonima, presente in una raccolta che autopubblicai poi solo nel 1998: “Il filo continuo”. Inserisco anch’essa qui sotto, assieme alle poche immagini recuperate da quell’unica occasione in cui la eseguii.

            È una raccolta poco più che breve (e della quale darò conto, a suo tempo, nella pagina dedicata alla letteratura), con liriche incentrate sul rapporto uomo-animale; ed è ovvio che nel raffronto l’uomo non ne esce molto bene… In particolare il testo in questione riflette sull’abitudine di mangiar carne, presentata sotto una luce nel complesso negativa: al netto delle giustificazioni etiche e morali di vegetariani e vegani (che non mi appartengono), è noto quanto il mangiar carne è legato all’aggressività.

 

            La sua colonna sonora contiene (oltre a rumori vari) estratti dai brani “Como dos trenos que se cruzen en la noche” (di V. Nocenzi), “Toy room – Q & A” (dei Circle) e “They walked in line” (dei Joy Division); anche la lettura della poesia era registrata in precedenza.

 

            Per agirla erano necessari una specie di recinto in legno di alcuni metri quadrati e un cospicuo quantitativo di foglie secche: materiale, quest’ultimo, di difficile reperibilità durante la bella stagione.

            Inoltre il lancio a 360° di piatti imbrattati di vernice rossa in mezzo al pubblico, alla fine dell’operazione, creò un certo scompiglio negli spettatori, benché avvertiti di tenersi a distanza di sicurezza dall’artista. E immagino che lo creerebbe anche ora. Va anche detto che sia gli organizzatori, sia l’autore non si presero la briga di andare a controllare, se qualche frammento di detti piatti avesse danneggiato le auto in sosta, attorno luogo scelto per la performance…

            Ne venne fuori perciò un lavoro un po’ complicato da rendere in pubblico, almeno per gli standard organizzativi delle manifestazioni di Arte Postale allestite all’epoca in Italia; e quindi non mi stupisce se non vi furono repliche… Peccato.

“DELLA RELATIVITA’ DEL NASCERE”

 

               Fu rappresentata in pubblico un paio di volte nel 1994 e nel 1995: a Bologna sotto i Portici di San Luca; e a Venezia, nella “Foresteria Valdese” dietro P.zza San Marco, nel corso di un evento di Arte Postale dedicato a Van Gogh; la prima immagine, infatti, fu scattata a Bologna, le altre tre – che riportano anche la conclusione della performance – a Venezia.

In sostanza è un “percorso” che l’autore compiva strisciando sotto un telone di nylon traslucido e trattato a spruzzo lungo venticinque metri, e tra oggetti di vario genere sparsi su detto percorso (stracci, pezzi di scatole e di carta, oggetti di uso artistico e così via), posizionati per complicarne l’avanzare. Nel caso di Venezia detto percorso fu più breve, perché nessuno degli ambienti del palazzo in cui si tenne l’azione scenica permise di stendere compiutamente il telo.

               Durante il tragitto, un estratto da “Violin phase” di Rteve Reich ne sottolineava l’andare; fino alla sua “emersione” dal nylon, che l’autore compiva tagliandolo con un coltello; e si univa al gruppo degli spettatori, muovendosi tra di loro suonando un tamburello.

 

A titolo di curiosità, il collage inviato al progetto di Arte Postale spagnolo “¿ Como vez Extremadura?”, riprodotto nella sezione dedicata a questo genere artistico, è nato utilizzando anche un’immagine di questa performance.

Sulla relatività del nascere - Bologna, 199x.jpg

“PORTAVO DONI PER VOI”

 

 

Realizzata nel 1993 appositamente per uno dei meeting di Arte Postale organizzati a Castel San Pietro Terme (BO) da Anna Boschi e rappresentata solo in quell’occasione, purtroppo di questa performance non mi risultano fotografie rintracciabili, meno che mai video.

 

È costruita attorno ad un percorso lineare con quattro “soste”. Nella prima il performer si toglie e distrugge la maglietta che ha indosso; nella seconda posa il coltello col quale l’ha rotta e spezza l’asta in legno che segna la sosta; nella terza compie un’abluzione con l’acqua da un catino per terra; nella quinta dissotterra un mazzo di fiori.

L’azione finale lo vede bussare inutilmente a una porta in legno; dopodiché abbandona a terra il mazzo di fiori, si allontana e, fatti alcuni passi, si volta e scaglia un’ascia contro la porta.

“L’ARTISTA / L’UNTORE”

 

          Eseguita a Bienno (BS) in un freddo capannone nell’inverno del 1995, all’interno della manifestazione “Perfomedia” (un incontro di performers che tutt’ora cura Emilio Morandi a Ponte Nossa (BG)), l’opera vuol essere una denuncia della percezione che la maggior parte della società occidentale, in particolare quella italiana, ha dell’artista: cioè quella di un fastidioso e pericoloso corpo estraneo.

          Beninteso quando l’artista non è allineato col “pensiero embedded”, che già in quel decennio iniziava a manifestarsi in tutta la sua pericolosità.

 

          L’artista compie la seguente serie di azioni:

  • A torso nudo e in un angolo dello spazio scelto, spezza un pesce intero (un povero nasello preventivamente surgelato) a colpi d’accetta sul pavimento.

  • Si avvicina a una persona tra il pubblico, anch’essa a torso nudo (in realtà un collega performer, nella fattispecie il serbo Nenad Bogdanovic’), che inizia a spennellare con un pezzo di detto pesce.

  • Si spoglia del tutto e prima gioca a bocce sulla musica e il testo de “La caduta dello Zeppelin” (degli “Area”); poi compie un percorso con un ombrello aperto in difficile equilibrio su un filo, che però è steso per terra, mentre viene recitato il testo di “La città sottile” del “Banco del Mutuo Soccorso”.

  • Infine si spalma il corpo con gli altri pezzi di pesce e quando il collega performer inizia a urlare “Dalli all’untore!!”, l’artista lancia i pezzi di pesce sul pubblico ed esce correndo dalla stanza.

 

E bestia, se in quell’inverno faceva freddo…

L'Artista - l'Untore, 1 (Biesso (BS) 1995).jpg
L'Artista - l'Untore, 2 (Biesso (BS) 1995).jpg
L'Artista - l'Untore, 4 (Biesso (BS) 1995).jpg

“ADDIO”

 

            Nella seconda metà del 1995 era ormai chiaro che il feeling con l’Arte Postale si stava esaurendo. I motivi principali erano da un lato le energie che altri ambiti dell’arte mi stavano richiedendo, in primo luogo con la partecipazione alle operazioni culturali dei “Luther Blissett”; dall’altro una certa mancanza di fantasia e quindi una certa ripetitività nelle proposte dei progetti di Arte Postale, che diventavano anche sempre più generici (almeno all’epoca) e di conseguenza per me meno interessanti.

 

            Immaginando perciò una sempre minor partecipazione in quell’ambiente, se non proprio l’uscita che invece ci fu alla fine di quell’anno, realizzai una performance che avrebbe dovuto costituire, fin dal titolo, una sorta di saluto; saluto smentito poi da quanto accadde l’anno dopo, con quella che sarebbe stata davvero la mia ultima performance a tutt’oggi, oggetto del prossimo articolo.

 

            “Addio” fu eseguita un paio di volte: con “debutto” ad una mostra di arte astratta a Diano Marina (IM) durante l’estate del ‘95; e con “replica” al Teatro Dehon di Bologna (occasione nella quale fu scattata la foto) nell’inverno dello stesso anno.

 

            Si tratta di un percorso (che nel caso della versione eseguita al “Dehon” andava da un’estremità all’altra del boccascena), lungo il quale l’autore cammina per un breve tratto su dei chiodi sparsi al suolo; si inginocchia davanti a una ciotola che contiene acqua e alcol e le dà fuoco, bruciandovi poi una manciata di petali di fiori; cammina lungo una corda appoggiata al pavimento; sale su una scala e rompe con un martellata uno specchio appeso alla parete, dopo esservisi osservato; scende e si allontana verso il fondo spargendo dietro le spalle i petali di fiori che gli erano rimasti.

Addio - Bologna 1995.jpg

“ANNWN” (Forlì, 1996)

 

            È vero che, con la decisione di uscire dal giro dell’Arte Postale, avevo anche chiuso con l’esperienza delle performances: volevo concentrare tutte le energie al di fuori della scrittura nella realizzazione di cortometraggi, sognando quel radioso futuro, che gli italiani molto raramente concedono a quanti di loro si dimostrano indipendenti da mafie e porcate del genere.

Però (mai dire mai…) nel 1996 Anna Boschi mi propose la partecipazione a un Progetto di Arte Postale incentrato sul Neolitico e dietro al quale c’era non mi ricordo più se una Facoltà universitaria, o una qualche altra istituzione scientifica. Era stato indetto un congresso in quel di Forlì e gli organizzatori volevano aggiungere anche una testimonianza artistica sul tema: la mostra era assicurata e ci si aspettava una certa cura riguardo alle opere e un certo rispetto per gli autori, cose che poi si verificarono; ed eventuali performances erano molto gradite.

Convinto sostenitore di un sentire basato anche sul Politeismo e perciò interessato alle tradizioni delle popolazioni precristiane europee e mediterranee, presi perciò spunto dal concetto celtico di Annwn, che come logico anche per quella cultura propone la circolarità degli avvenimenti.

Organizzai pertanto un percorso a spirale, che percorrevo prima in un verso e poi nell’altro, ritornando così al centro, compiendo anche movimenti circolari su me stesso; al termine della prima tornata estraevo semi da un piccolo marsupio e li spandevo tutt’attorno a me.

Ero “impacciato” nei movimenti da una serie di corde elastiche agganciate l’una all’altra (in realtà tiranti per assicurare un carico sul tetto di un’automobile) e avrei dovuto essere completamente nudo.

L’idea dei tiranti mi piaceva un casino e oso sperare che chi mi vide li identificasse come impedimenti al percorso spirituale dello sciamano, dovuti alle contingenze della vita; o alla spada di Damocle del Monoteismo, che avrebbe fatto i danni che ci troviamo tutt’ora ad affrontare: non che l’interpretazione mi importasse più di tanto, ma se qualcuno mi avesse fatto delle domande, avrei risposto più o meno così.

All’ultimo momento Anna Boschi mi informò con la sua consueta diplomazia, che gli organizzatori non avrebbero gradito il mio nudo integrale, per quanto statuario: neolitici sì, ma fino a un certo punto. Realizzai così su due piedi un pudico cache-sex che funzionò anche, come spiegato più sopra, da marsupio per i semi.

Ringrazio Ivano Vitali per la foto; e posso dire che fu un successo...

bottom of page