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Nato nel 1956 ad Arco di Trento, architetto, Alberto Rizzi inizia ad operare nella seconda metà degli Anni 70 nella pittura astratta, prima, ed allargando poi i suoi interessi ad altri campi dell'arte visiva e della scrittura. Come astrattista i suoi punti di riferimento sono Pollock e Mondrian all’estero e, in Italia, Vedova, Burri e Fontana. Abita a Lendinara (RO), ed è stato insegnante di Storia dell’Arte presso diversi Istituti Superiori di detta Provincia.

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La sua ricerca si può sintetizzare in una forte riduzione alla bidimensionalità dei soggetti non informali (composizioni geometriche e paesaggi o figure umane geometrizzati), accompagnata da contrasti cromatici quasi sempre il più violenti possibili sia in questo caso, che nelle opere geometriche e informali. Per ottenere questo risultato cromatico ha usato sempre smalti sintetici, a volte dati – specie agli inizi – a spruzzo e su tele quasi sempre di dimensioni medio-grandi: la sua misura preferita era il 90x60, verticale.

Non volendo legarsi alle cricche paesane che gravitavano intorno a galleristi e critici locali, viene subito emarginato e gli sarà praticamente impossibile partecipare a mostre. Di fatto l’autore non ha nemmeno tenuto conto delle due o tre occasioni nelle quali – solamente in collettiva – riesce ad esporre qualcosa nel paese dove vive. Le cose cambiano dal 1989, quando inizia a frequentare gli ambienti dell’Arte Postale italiana e straniera (vd. sezione apposita).

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Con l’occasione modifica profondamente le sue concezioni: dalla metà degli Anni Ottanta, infatti, prevalgono le opere polimateriche, quasi sempre tridimensionali e che vedono spesso il riciclo di materiali di riuso, specie vecchi abiti. Vengono realizzate anche alcune installazioni. In questo contesto le opportunità, anche se non numerose, sono comunque maggiori e ben più gratificanti.

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Inoltre, per mantenere allenata la sua creatività, realizza molte opere di grafica, sempre astratta; tanto a pastello

Dal 2015, però, la gallerista ferrarese Francesca Mariotti, inizia a interessarsi a quanto fatto nel campo dell’Astrattismo, dopo avergli dato spazio all’interno di sue iniziative culturali come scrittore; il suo lavoro con lei si concretizza finalmente nel 2017, ma termina purtroppo nel 2023 con la sua prematura scomparsa.

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Di seguito, le opere di paesaggi e persone astrattizzati realizzate negli Anni ’70.

Le nubi (90x60), 2-3-76

Il suonatore di flauto (60x90), 8-3-76

Gondola al tramonto (60x90), 14-4-76

Espada (60x90), 10-6-76

La collina dei pini (80x100), 1976

Deserto I (100x120), 19-10-76

Sopra la spiaggia (100x100), 1976

La lunga strada nel vento, 1977 (90x60)

Rami (100x80), 6-9-77

La città sottile (100x80), 1977

Periferia urbana (90x60), 25-4-78

Nebbia sulla campagna all'alba (60x90), 14-5-78

Laguna all'alba (60x90) - 28-7-78

La luna è alta sui campi (90x60) - 19-10-78

Madonna con bambino (90x60) - 5-11-78

Finestra su un mondo nuovo, 1978 (90x60)

Tramonto ai margini di un bosco (60x90) - 21-2-79

Assenze-Persistenze, 2 (30x40) - 1982

La foresta (50x45), 1984

Fiume (50x70), 1987

Tre oggetti su un tavolo (30x40), 1988

LA PITTURA ASTRATTA GEOMETRICA

 

Sempre interessato a una rappresentazione geometrica delle proprie sensazioni e dei concetti che all’epoca gli stavano a cuore, una parte minoritaria delle sue composizioni astratte è chiaramente di carattere geometrico.

            Si tratta di una ventina di opere che non hanno un legame particolare fra di loro (a parte una precisa serie, come si vedrà) e che nacquero a volte sulla base di suggestioni musicali, molto più spesso da suggestioni occasionali: come si vedrà anche per quanto riguarda il grosso della sua produzione, cioè i quadri che l’autore – in mancanza di una definizione più precisa – definì a suo tempo “lisergici” e che si possono considerare più semplicemente informali.

 

            Per quanto l’autore abbia a più riprese affermato di essere stato fin dall’inizio attratto dall’opera di Mondrian, oltre che da quella di Pollock, non si può dire che del primo si notino particolari suggestioni. All’inizio la ricerca fu principalmente estetica, ma manca in linea di massima quella ricerca esasperata di un equilibrio cromatico, che caratterizzò l’artista olandese nel suo ultimo periodo.

            V’è semmai la ricerca di un disequilibrio nella maggior parte dei casi, o – se si preferisce – di un equilibrio dinamico. Né si può fare a meno di notare che proprio nelle opere immaginate in sequenza (la serie delle “Sensazioni” e le due opere speculari “Composizione in chiaro” / “Composizione in scuro”) un elemento informale va volutamente a turbare la composizione.

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Questi i titoli delle opere mostrate di seguito:

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"Sensazioni - I", cm. 90x60,  1974

"Lo spazio in mezzo", cm. 90x60 1974

"Composizione in chiaro", cm. 90x60 1975

"Escalation", cm. 60x90 13-7-75

"Aquarius", cm. 90x60 29-8-75

"Lybra", cm. 90x60 Nov. '75

"Phaedra", cm.100x120 1976

"Onde', cm. 90x60 11-5-76

"La striscia", cm. 50x150 15-7-76

"Il volo dell'aquila", cm. 90x60) 28-4-77

"Sensazioni - II", cm. 90x60 1977

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"Composizione in scuro", cm. 90x60 10-10-78

"Composizione neutra", cm. 60x90 19-12-78

"Alienazione', cm. 90x60 1978

"Sensazioni - III", cm. 90x60 1979

"Sensazioni - IV", cm. 90x60 12-3-79

"Incrocio di vento", cm. 80x100 1979

"Il deserto avanza ancora", cm. 80x100 1979

"Composizione su 4 piani", cm. 60x90 19-7-79

"Sensazioni - V", cm. 90x60 20-4-85

"Sensazioni - VI", cm. 60x90 30-6-85

"Sensazioni - VII", cm. 60x90 17-9-85

“Ripensamenti”, cm. 90x60 (1979 – propr. Da Lio)

          Il “corpus” di gran lunga più numeroso di opere pittoriche astratte, realizzate nel corso degli Anni ’70, è formato da quelli che definisco “quadri lisergici”, in mancanza di un’etichetta più precisa e che non sia quella – più generica – di “informali”.

            Tanto numeroso che lo suddivido in tranche di dieci inserimenti per volta.

 

            Come fanno capire i termini, da un lato si tratta di opere che solo vagamente e in pochi casi presentano riferimenti in qualche modo riconoscibili e riconducibili a un titolo oggettivo. Dall’altro la ricerca cromatica, basata soprattutto su contrasti quasi sempre molto violenti, rende conto della definizione da me scelta.

            Parecchie di queste opere furono ispirate a brani musicali di quegli anni; anche se non tutti loro erano riconducibili ai generi che, più o meno esplicitamente, si rifacevano alla cultura psichedelica propriamente detta.

 

            La prima tranche di dieci quadri comprende:

 

  1. – “Deformazione” (cm.90x60 – 1973)

  2. – “La pelle nuova” (cm. 90x60 – 1973)

  3. – “La fuga” (cm. 90x60 – 1973)

  4. – “Plancton” (cm. 90x60 – 1973)

  5. – “L’albero elettrico” (cm. 90x60 – 1973)

  6. – “Un atomo” (cm. 90x60 – 1973)

  7. – “Cuore del sole” (cm. 120x80 – 1973)

  8. – “Collage” (cm. 90x60 – 1974)

  9. – “Psiche, II” (cm. 90x60 – 1974)

  10. – “Pharaos” (cm. 90x60 – 1974)

  1. – “Era della tecnologia” (cm. 90x60), 1974

  2. – “Visioni” (cm. 90x60), 1974

  3. – “Oceano celeste” (cm. 90x60), 1974

  4. – “Dal legno” (cm. 40x30), 1974

  5. – “Il ricordo ancestrale della creazione” (cm. 80x120), 1974

  6. – “Inverno” (cm. 90x60), 1974

  7. – “Autunno” (cm. 90x60), 1974

  8. – “L’ombra” (cm. 90x60), 1974

  9. – “Isolamento” (cm. 90x60), 1974

  10. – “Fuga V” (cm. 90x60), 1975

  1. – “Fuga VI (Convergenze)” (90x60), 12-1-75

  2. – “”Dello splendore di una notte” (90x60), 18-1-75

  3. – “Come spugna” (60x90), 24-1-75

  4. – “Fuga dall’alveare (90x60), 1975

  5. – “Dell’albero” (90x60), 1975

  6. – “Stinfalo” (80x100), 1975

  7. – “Segno totemico” (90x60), 26-2-75

  8. – “L’ala dell’aquila” (90x60), 11-4-75

  9. – “Hydra” (90x60), 16-4-75

  10. – “Luci lampeggianti” (90x60), 22-4-75

  1. – “Il vortice” (90x60), 8-12-75

  2. – “I glifi” (90x60), 1975

  3. – “L’ombra del serpente” (90x60), 1976

  4. – “Fiume d’inverno” (80x80), 1976

  5. – “Alba” (90x60), 13-7-1976

  6. – “Un arcobaleno nell’aria curva” (90x60), 20-7-76

  7. – “Incontro al sole” (90x60), 1976

  8. – “Fiori di giardino” (90x60), 26-10-76

  9. – “Rocce” (90x60), 1976

  10. – “Senza titolo” (60x60), 15-11-76

  1. – “Licheni” (90x60), 1977

  2. – “L’orlo dell’abisso” (90x60), 10-5-77

  3. – “La zona del ghiaccio” (60x40), 20-5-77

  4. – “Senza titolo” (90x60), 1977

  5. – “Una frattura nelle rocce” (90x60), 1977

  6. – “Frammenti di luce, I” (90x60), 11-9-77

  7. – “Arabesco” (100x60), 28-9-77

  8. – “Cascata di vento” (100x60), 7-10-77

  9. – “Arabesco in blu” (90x60), 1977

10. – “La farfalla e la tela del ragno” (90x60), 1977

  1. – “Ombre della sera” (cm. 90x60), 1978

  2. – “La corona della creazione” (cm. 90x60), 12-2-78

  3. – “Clavius” (cm. 100x80), 5-3-78

  4. – “Idea di incomunicabilità” (cm. 90x60), 13-4-78

  5. – “Il giardino dell’Eden” (cm. 100x120), 1978

  6. – “6 Agosto 1945” (cm. 90x60), 12-7-78

  7. – “Eclisse totale” (cm. 90x60), 23-7-78

  8. – “Frammenti di luce, II” (cm. 60x90), 4-9-78

  9. – “Disperazione” (cm. 90x60), 27-9-78

  10. – “Giochi di luce sul ghiaccio” (cm. 90x60), 14-10-78

  1. – La terra sospesa nel vuoto (cm. 100x120), 1979

  2. – L’arazzo e il cielo sopra di noi (cm. 90x60), 1979

  3. – Luci in sezione (cm. 90x60), 1979

  4. – Aria (cm. 70x100), 1979

  5. – Libertà per Marini (cm. 90x60), 1979

  6. – Una stella cadente (cm. 60x90), 1979

  7. – Cometa (cm. 40x30), 1982

  8. – L’altro (cm. 90x60), 1974

  9. – La foresta (cm. 90x60), 1977

  10. – Ultimo sole (cm. 50x70), 1976

99 - La terra sospesa nel vuoto, 1978 (100x120).JPG
  1. – Plasma I – Caos (cm. 50x40), 1979

  2. – Plasma II – L’ordinamento (cm. 50x40), 1979

  3. – Plasma III - …e venne la pioggia (cm. 50x40), 1979

  4. – Plasma IV – Acqua e terra (cm. 50x40), 1979

  5. – Plasma V – Separazione nella vita (cm. 50x40), 1979

  6. – Plasma VI – Ritorno al caos (cm. 50x40), 1979

 

Con questa serie terminano i quadri astratti ascrivibili al genere “informale” realizzati nel corso degli Anni ’70 del secolo scorso. L’attività in questo campo rimane “in sonno”, attendendo un eventuale mercante che si comporti correttamente con gli artisti, dopo la morte di Francesca Mariotti.

114 - Plasma I - Caos (50x40), 20-7-79.jpg

LE “COMPOSIZIONI CASUALI” (pastelli astratti)

 

          Mentre pian piano si chiudevano gli spazi per poter esporre i miei quadri astratti (o non si aprivano per nulla, vista la mia mancata predisposizione a leccare i piedi – o altro – a chicchessia), a me rimaneva il problema di mantenere viva la mia creatività in quel campo, illudendomi che prima o poi sarebbe giunto anche per me, e benché in un ambiente degradato come quello rodigino, un minimo di riconoscimento.

          Si poneva quindi il problema di realizzare opere decisamente meno ingombranti delle numerose tele prodotte fino ad allora: sia per aver meno problemi di stoccaggio, che nella speranza che piccole dimensioni aiutassero nella ricerca di spazi espositivi, o nella vendita, visti i prezzi di parecchio minori.

          Da sempre attratto dalla casualità nella scelta degli elementi per realizzare una composizione astratta, mi concentrai nella ricerca dei sistemi per randomizzarli: dalle dimensioni dell’immagine a quelle delle varie componenti; dal tipo di componenti stesse (linee, strisce, figure geometriche) ai colori: e poiché all’epoca i computer erano appena agli inizi, usavo lanci di dadi, giri di ruote ecc..

          Col tempo la lista degli elementi si arricchì di nuove forme (le spirali, le ellissi) e le regole si complicarono un pochino: se nei primi anni le componenti rimanevano all’interno del perimetro della figura, verso la fine di questa ricerca potevano romperne il margine; e i colori a loro volta uscire dagli spacchi e spargersi sul foglio sfumando.

          Per il colore usai i pastelli, con una tecnica di sovrapposizione “a strati”, che in qualche modo doveva ricordare l’effetto coprente degli smalti plastici nei miei quadri astratti; tutti gli elementi che formavano l’immagine erano disegnati a china, con pennini di vario calibro.

          All’inizio questi lavori avevano il semplice (e corretto) titolo di “Composizione casuale n°…”; poi, per analogia con i quadri astratti che continuai a fare per alcuni anni, contemporaneamente all’aver intrapreso questa strada, diedi loro quasi sempre titoli mutuati da composizioni musicali, che ritenevo assonanti con l’immagine.

          Realizzai circa 175 di questi lavori; come al solito la maggior parte sono ancora in mio possesso, anche se una decina riuscii a venderli, o a scambiarli. Dopo 7 – 8 anni, mentre pian piano trasferivo le mie energie alla scrittura, ritenni che la ricerca poteva anche aver termine, rischiando di diventare fine a se stessa.

          Ne inserisco a seguire nove, tre per ciascuno dei formati che scelsi per questi lavori:

 

  1. – “Collage”, cm. 25x17,5 – 1980

  2. – “Valentyne”, cm. 25x17,5 – 1984

  3. – “Flame”, cm. 25x17,5 – 1988

  4. – “Woodstock I”, cm. 25x35 – 1979

  5. – “Genealogia”, cm. 35x25 – 1984

  6. – “La mia alba”, cm. 35x25 – 1985

  7. – “Whatever turns you on”, cm. 35x50 – 1982

  8. – “Refugee”, cm. 35x50 – 1983

  9. – “Alla ricerca di un gusto”, cm. 50x35 - 1984

PRIMI ESPERIMENTI GRAFICI (fine Anni Settanta)

 

          Subito prima e in contemporanea con le "Composizioni casuali" mostrate nella sezione precedente ci fu una serie di tentativi, che. vanno visti con l’indulgenza che si deve usare con opere prodotte occasionalmente attorno ai vent’anni; e anche per questo le opere selezionate qui sono le “meno compromettenti”…

            Una volta iscrittomi ad Architettura, provai anche l’uso dei trasferibili – allora indispensabili in un mestiere nel quale la manualità era ancora essenziale - in una maniera più ampia rispetto a quanto accadeva almeno fino agli Anni ’70 nei fumetti: di fatto sia per superare certe mie carenze nel disegno figurativo, sia per accentuare il senso di freddezza e estraneità che volevo dare a quei lavori.

            Col senno del poi, solo tre sono le ricerche che sarebbe valsa pena di continuare, tra quelle che avevo avviato: il tentativo, con “Alecton”, di rendere con i pennarelli l’atmosfera dei miei quadri “lisergici”; e alcune composizioni geometriche e modulari, come “Spazio 2”, che avevano ovvi punti di contatto con certi simili quadri geometrici: che non a caso si evolveranno appunto nelle appena nominate “Composizioni casuali”; e quel “…se i muri della tua città…”, promettente nel fondere testo (mio) con pastelli e l’uso della fotocopia: poi ripreso in alcune raccolte poetiche e in varie opere dell’Arte Postale.

LE SERIE “SEGNO – COLORE” / “FORMA – COLORE” / “LINEA – COLORE”

 

               Nel 1988, per mantenermi allenato con l’arte visiva e per riempire un po’ il tempo, visto che l’attività anche in ambito poetico languiva per le solite negatività nell’ambiente attorno, frequentai un corso di acquerello; al di là delle conoscenze tecniche date, il corso prendeva anche in esame le teorie di Ottica formulate nel Settecento da Goethe.

               Come conseguenza, una delle curiosità che mi vennero fu quella di capire se i miei smalti sintetici potevano essere usati anche nella grafica, cioè su carta. Non pensavo minimamente di diluirli, ma di sfruttarne le qualità dei colori puri, della relativa brillantezza e della loro capacità di saturazione su un materiale assorbente. Sapevo anche di non poterli usare per stampare multipli, stante le loro caratteristiche, che portavano all’impossibilità di creare serie come quelle della serigrafia; ma comunque giunsi alla conclusione che per lo meno, se usati rapidamente – cioè di getto sulla matrice, prima che iniziassero ad asciugarsi – avrebbero potuto lasciare una traccia interessante su un foglio di carta.

               Per ottenere il massimo, usai un foglio di carta liscia per l’opera e un cartoncino pesante ruvido a grana grossa per la matrice. Questa tecnica comportò che i colori non fossero così luminosi come sulle tele trattate a cementite, ma soprattutto che con la pressione della “stampa” rimanevano zone non raggiunte dal colore stesso, per via della rugosità della matrice. Per “sanarle”, creando così un effetto di marezzatura sulla carta liscia del positivo, usai i pastelli - coi quali già m’ero impratichito nelle “Composizioni casuali” - in tonalità simili a quelle dei colori scelti, ma comunque più chiare.

 

               Realizzai tre serie: “Forma – Colore” (una forma colorata secondo le regole di Goethe su fondo grigio e affiancata da zone del colore ad essa complementare); “Segno – Colore” (una composizione di segni e punti neri, dipinti su un’area di uno dei sei colori fondamentali, affiancata da altre aree del suo complementare); “Linea – Colore” (un intreccio geometrico di linee grigie, che creava aree trattate secondo un colore fondamentale sullo sfondo di quello ad esso complementare).

               Essendo entrato nel frattempo nel circuito dell’Arte Postale, iniziai ad avere occasioni per esporli in diverse località italiane, durante la presentazione dei vari “Progetti”; così che un certo riscontro in termini di vendite e di scambi ci fu.

               Di seguito due opere per ciascuna delle tre serie, tra quelle rimaste in mio possesso.

 

 

  1. – “Forma – colore, 2” – cm. 50x35, 1989

  2. – “Forma – colore, 5” – cm. 50x35, 1989

  3. – “Segno – colore, 3” – cm. 50x35, 1989

  4. – “Segno – colore, 4” – cm. 50x35, 1989

  5. – “Linea – colore, 3” – cm. 50x35, 1990

  6. – “Linea – colore, 7” – cm. 50x35, 1991

LA SERIE “SEGNO DI…”

 

        Le prime opere visive paragonabili in qualche modo a un quadro, dopo l’interruzione nel percorso visivo dovuta all’emarginazione nell’ambiente locale, datano al 1989/90; e come le opere di grafica che le hanno precedute in questa pagina, sono legate al corso di acquerello di cui ho scritto nella loro presentazione.

        Con esse cambia completamente la tecnica, ispirato anche dalle sperimentazioni nell’Arte Postale che stavo seguendo, passando dalla pittura propriamente detta all’assemblaggio di oggetti e materiali.

        Il concetto che volevo investigare partiva dal fatto che l’accostamento di colori complementari genera il massimo contrasto, così l’accostamento dei rispettivi significati simbolici – secondo la cultura Occidentale – avrebbe generato un altrettanto massimo contrasto e, quindi, il conseguimento del massimo risultato.

        Il percorso verso tale risultato era segnato da un filo del colore corrispondente al significato simbolico, teso attraverso una serie di chiodi, a loro volta piantati su una tavola di paniforte verniciata in grigio medio; al termine del filo pendeva un oggetto altrettanto simbolico nei riguardi del significato di quel colore; un altro oggetto, scelto con lo stesso criterio, era incollato direttamente sulla tavola. A loro volta, tre strisce del colore complementare a quello del filo spiccavano sul fondo grigio.

La tavola aveva la forma associata da Goethe a quel colore; anche se – per motivi tecnici – decisi di sostituire al triangolo trilobato, legato al verde, una forma indistinta; e per lo stesso motivo non feci poi fare la tavola ellittica da associare al viola. Così che la serie è di fatto incompleta.

Questi lavori furono esposti pochissimo, perché siamo nel periodo del mio ingresso nell’Arte Postale: così che, quando si aprirono tutti quei canali espositivi di cui potei usufruire fino alla metà degli Anni ’90, preferii concentrarmi su lavori più recenti; e anche meglio riusciti, dal mio punto di vista.

Mi piace però ricordare un aneddoto, legato a “Segno di sacrificio…”: avevo appena compiuto una serie di interventi artistici, legati all’Arte Postale, a Serra S. Quirico, splendido paese tra Jesi e Fabriano; e quando seppi che non molto lontano da lì, a Sassoferrato, ci sarebbe stato un concorso di pittura, decisi di partecipare.

Sapete che ai concorsi non ci credo e che partecipai a pochissimi di essi, riguardo alla pittura furono soltanto due; comunque ci andai, anche per lanciare il messaggio – a me stesso e a quanti poteva interessare – “avete cercato di farmi fuori, ma sono ancora qua”.

Comunque l’opera, come da copione, non venne neppure presa in considerazione; però, quando tornai a prenderla, il custode al quale chiesi notizie sull’afflusso di visitatori, rispose: “Sì, viene abbastanza gente, ma si vedono certe cose!”: e così dicendo mi indicò un’opera in legno, grigia con tre strisce gialle, di forma triangolare con su incollata la testa in plastica di un bebè e con dei fili viola dai quali pendeva un coltello.

“Ah, quella è la mia, grazie.”, gli dissi di rimando; e raccolsi il mio lavoro, uscendo senza osservare quale espressione si fosse disegnata sulla sua faccia.

 

 

  1. – “Segno di speranza nella vita”, cm. 170 ca x 100, 1989

  2. – “Segno di gioia nella serenità”, cm. 150 ca x 80, 1989

  3. – “Segno di sacrificio per raggiungere il divino”, cm. 100 ca x 75, 1989

  4. – “Segno di vita nella speranza”, cm. 120 ca x 75

  5. – “Segno di serenità generata dalla gioia”, cm. 150 ca x 75

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